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Licodia Eubea, una bellezza da scoprire

Licodia Eubea è uno scrigno segreto che la polvere del tempo ha reso quasi invisibile. Solo il viaggiatore attento potrà scoprire i suoi tesori: le testimonianze di una storia millenaria; le sue chiese, antiche e particolari; la sua natura sorprendente; i prodotti di una terra ricca e generosa.

Adagiata sulle colline a nord ovest dei monti Iblei, al confine tra le province di Ragusa e Catania (alla quale appartiene) Licodia Eubea domina, dai 630 metri sopra il livello del mare, un vasto territorio, composto da una serie di dolci rilievi arrotondati, prevalentemente coltivati a vigneti che danno oggi una prelibata uva da tavola, commercializzata in tutta l’Italia e prima voce nell’economia di questo territorio.
Chi vuole può abbandonarsi alla meditazione sulle rive del lago di Licodia Eubea, uno specchio d’acqua formato dallo sbarramento del fiume Dirillo e chiuso da rilievi caratterizzati dalla presenza di pini d’Aleppo. Oppure trascorrere una piacevole giornata all’ombra della sughereta di contrada Vaito. Un luogo unico dal punto di vista ambientale.
Gli appassionati di storia potranno documentarsi tra le maestose rovine dell’inespugnabile castello della famiglia Santapau o tra gli insediamenti dell’età del bronzo, presenti in gran parte del territorio di Licodia. Un discorso a parte meritano le chiese: dalla più antica, quella di Santa Lucia, sorta probabilmente nel 1300, al convento dei predicatori domenicani, di cui rimane la chiesa del Rosario. Nelle chiese di Licodia Eubea si può veramente leggere tutta la storia di questa città che nel passato ha conosciuto grandi  momenti di civiltà e splendore.

Il Castello
Il Castello Santapau figura nello statuto angioino dei castelli siciliani del 1274. Difficilmente, però, poté essere costruito durante la dominazione angioina. Secondo alcuni, la rupe fu adibita a fortezza nel periodo arabo e normanno, ma il castello assunse il suo aspetto definitivo nel periodo svevo, durante il regno di Federico I.
Quando nel IX secolo arrivarono gli arabi in Sicilia, sul colle si doveva già trovare una fortezza bizantina: le mura del castello, infatti, sono tipiche delle costruzioni bizantine, così come la galleria scavata sotto il castello, costruita con i mattoni di argilla cotti alla maniera dell’architettura tardo romana. La galleria metteva in comunicazione il castello con i cunicoli sottostanti che si dipanano per l’intero abitato.
Nel 1393, il Camerlengo di origine catalana Ughetto de Santapau, venuto al seguito di re Martino, ebbe in feudo il Castello di Licodia che rimase alla famiglia Santapau fino al 1610, anno in cui venne nominato marchese Vincenzo Ruffo, figlio di Camilla Santapau e Muzio Ruffo.
La famiglia Ruffo fu proprietaria del maniero fino al 1812, anno in cui fu abolito il feudalesimo. Il terremoto del 1693 distrusse completamente il castello, lasciando intatte alcune torri, pochi muri interni e alcuni sotterranei, ma è ancora possibile immaginare quanto frenetica potesse essere l’attività all’interno del castello nei periodi in cui furono presidenti del Regno di Sicilia Raimondo, Ponzio e Ambrogio Santapau. Adesso rimangono solo i ruderi, solitari e silenziosi, di un glorioso passato.

Le chiese
La chiesa del Bianchetto, indicata col nome dell’omonima contrada in cui sorge, è una costruzione di grande semplicità architettonica, costruita su pianta ottagonale, priva di campanile. Da questo particolare, si può presumere che fu eretta intorno al VII secolo o probabilmente in un’epoca anteriore al periodo normanno, in quanto in Italia il campanile fece la sua apparizione solo dopo il VII secolo.
Fu dedicata alla Madonna delle Grazie probabilmente nel XVIII secolo. La chiesa costituisce l’unica testimonianza di architettura religiosa ancora intatta fra le tante che un tempo si trovavano nelle campagne di Licodia.
La chiesa del Calvario, detta anche Madonna della Provvidenza, si trova a nord del paese ed è una tra le più antiche costruzioni sacre di Licodia. Originariamente sorse come tempio pagano su basi ottagonali, a volta piana, costruito dai greci-calcidesi verso il 650 a.C. Resistette al terremoto del 1693, successivamente, a causa delle cattive condizioni, fu ricostruita ad opera del cappellano don Felice Accardo; nel 1773 i lavori furono terminati e la chiesa venne aperta al culto cattolico. La chiesa del Calvario assume un particolare interesse per i licodiani nella giornata del Venerdì Santo, quando si può assistere alla suggestiva funzione della Crocifissione.
La chiesa di Santa Lucia, in origine dedicata a San Giovanni e quindi a San Nicolò, si trova nel quartiere Borgo, il nucleo più antico di Licodia. Insieme alla chiesa di Sant’Antonio, è l’unica costruzione sacra risalente all’inizio del 1300 ancora conservata. Quando, nel 1945, divenne parrocchia, la struttura architettonica subì notevoli trasformazioni. Il campanile, che si innalzava nella parte posteriore della chiesa, venne abbattuto e ricostruito sul lato anteriore sinistro, con forma slanciata e con una guglia che ne snellisce la sagoma.

Il lago e l’ambiente
Il territorio del comune di Licodia è solcato da molti corsi d’acqua che caratterizzano la sua morfologia e ne determinano la bellezza; il più importante è il Dirillo che con le sue acque alimenta il lago artificiale di Licodia Eubea. I licodiani un tempo lo chiamavano Fiume Grande, in quanto era l’unico grosso torrente che attraversava queste terre: gli altri corsi d’acqua minori sono infatti tutti suoi affluenti.
Il fiume attraversa Licodia Eubea e il territorio di Mazzarrone, fino a giungere in mare, nella costa ragusana, dopo circa 40 chilometri. Il Dirillo nasce dalla confluenza di due fiumi, l’Amerillo e il Vizzini, entrambi a carattere torrentizio, fra due rilievi, il Monte Casasia a Sud e Poggio Vascello a Nord. Il fiume, subito dopo aver superato le strette gole del Paratore e del Palaunisi, si perde nel lago artificiale omonimo che si estende fin quasi alla strada provinciale Licodia-Vittoria.
Il lago, oltre ad essere un’importante riserva idrica per l’agricoltura, rappresenta una piacevole area turistica attrezzata, dove sono incentivate attività sportive come la canoa, la pesca ed il trekking.
Il territorio di Licodia Eubea, nel quale si alternano dolci colline e fertili pianure, è dotato di una flora estremamente varia. Infatti si possono ammirare, sulle diverse colline, ad un’altitudine di circa 700 metri s.l.m., boscaglie di pino d’Aleppo, oltre a boschi di querce, associati a palme nane, a corbezzoli, a olivastri o ad eriche. Di grande suggestione soprattutto i querceti che un tempo probabilmente costituivano la forma principale di vegetazione spontanea. L’esempio più importante di querceto si trova in contrada Vaito, dove si trova il leccio, ma soprattutto una sughereta.  

A tavola
Oggi, Licodia Eubea sta tentando di rinverdire  gli antichi fasti valorizzando le testimonianze del passato, non solo chiese, palazzi e siti archeologici, ma puntando anche sulle attività legate alla tradizione enogastronomica. Su tutto spicca il Patacò, prelibatezza che trae origine dalla lavorazione della farina di cicerchia, pianta della famiglia delle leguminose. Una polenta povera come la sua parente settentrionale, ma certamente più gustosa.
Ma Licodia Eubea, 3 mila abitanti circa su una superficie di 11.174 ettari, vanta anche una buona produzione di olive, mandorle, agrumi e quell’ottima uva da tavola di cui si parlava in precedenza e che si può gustare durante l’annuale Sagra dell’Uva che si svolge nel mese di settembre. Fiorente è l’allevamento di bovini, ovini, caprini e equini e la produzione di squisiti formaggi tipici.
Soffiate delicatamente su questo scrigno segreto. Sollevata la polvere del tempo si aprirà davanti a voi un tesoro di inestimabile bellezza.

Cicerchia e Patacò

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